Post-Olympic Gilthas
Sceso dall'X4 (peccato che non ci fosse Wolverine :-}° ) cerco l'ingresso nord al Palasport Olimpico. Il torinese tipico in me non può fare a meno di notare che il vialetto di accesso, dopo la pioggia-nevicata di ieri, è un pantano fangoso, ma il disappunto viene incenerito dal braciere olimpico che fiammeggia torreggiando su di me. Passati i controlli ho mezz'ora da ammazzare prima che cominci l'ingresso nel palazzetto perciò, dopo aver osservato braciere e Stadio Olimpico, dopo aver passato in rivista il merchandising, mi rifugio nella Spectators Hall, dove una band coverizza classici rock '60 '70.
All'ora fatidica mi dirigo all'ingresso per il settore 101 e dopo pochi minuti mi ritrovo nella sberluccicante sala d'ingresso del Palaisozaki, un tripudio di spazio e luce. Entrando nel mio riflesso raggiungo il mio posto, dietro ad una delle porte e a +10 cm di altitudine rispetto ai giocatori. Ho una certa zona d'ombra rispetto al puck ma la visuale è comunque ottima. Lo schermo appeso in mezzo al campo trasmette il solito filmato autopromozionale dei luoghi olimpici, ma fa comunque una certa impressione vedere i suddetti luoghi in quest'occasione e in questo contesto.
Una mezz'oretta prima dell'inizio le squadre scendono in campo per il riscaldamento. Durante una serie di tiri in porta una giocatrice finlandese alza il puck, che colpisce la traversa innalzandosi a campanile, superando la pur alta rete di protezione e centrando in piena fronte un volontario olimpico. Allo sfortunato non è per fortuna successo niente di più grave di un segno rosso in mezzo alla fronte e una gran botta. Io, da parte mia, ho vissuto questo momento come parziale risarcimento della tracotanza di certi volontari olimpici forestieri...
Dopo un filmato esplicativo dei vari falli dell'hockey comincia la partita. É fin dall'inizio evidente la superiorità delle statunitensi, che nel primo tempo dominano e infilano 3 goal alle povere finlandesi. Nel secondo tempo le finlandesi migliorano, subendo un solo goal e facendosi ogni tanto vive nell'area avversaria, mentre il terzo tempo si chiude a reti inviolate, in un sostanziale equilibrio delle forze. Peccato solo per la scenata che Katie King, capo cannoniera della partita, a pochi secondi dalla fine di un'incontro in cui la vittoria è sempre stata nelle mani delle statunitensi, dispensa al pubblico, tanto da dover essere separata da una giocatrice finlandese da arbitro e guardalinee.
Devo dire che, da perfetto profano, l'hockey non è male. Probabilmente placa gli istinti sadici degli spettatori, che non aspettano altro di vedere una carica, di sentire il cozzare dei caschi contro le vetrte protettive, di rabbrividire compiaciuti alla vista di una caduta multipla...
Man mano che la partita si volge sotto i miei occhi, mi rendo conto di non essere né a Torino, né tanto meno in Italia. La struttura nuova e scintillante, lo sport assolutamente inconsueto, gli spettatori internazionali, le cheer leaders, lo schermo che guida il tifo rigorosamente in inglese, e lo speaker bilingue creano la sensazione di essere altrove.
All'uscita è buio, e la fiamma olimpica arde in tutto il suo splendore.
All'ora fatidica mi dirigo all'ingresso per il settore 101 e dopo pochi minuti mi ritrovo nella sberluccicante sala d'ingresso del Palaisozaki, un tripudio di spazio e luce. Entrando nel mio riflesso raggiungo il mio posto, dietro ad una delle porte e a +10 cm di altitudine rispetto ai giocatori. Ho una certa zona d'ombra rispetto al puck ma la visuale è comunque ottima. Lo schermo appeso in mezzo al campo trasmette il solito filmato autopromozionale dei luoghi olimpici, ma fa comunque una certa impressione vedere i suddetti luoghi in quest'occasione e in questo contesto.
Una mezz'oretta prima dell'inizio le squadre scendono in campo per il riscaldamento. Durante una serie di tiri in porta una giocatrice finlandese alza il puck, che colpisce la traversa innalzandosi a campanile, superando la pur alta rete di protezione e centrando in piena fronte un volontario olimpico. Allo sfortunato non è per fortuna successo niente di più grave di un segno rosso in mezzo alla fronte e una gran botta. Io, da parte mia, ho vissuto questo momento come parziale risarcimento della tracotanza di certi volontari olimpici forestieri...
Dopo un filmato esplicativo dei vari falli dell'hockey comincia la partita. É fin dall'inizio evidente la superiorità delle statunitensi, che nel primo tempo dominano e infilano 3 goal alle povere finlandesi. Nel secondo tempo le finlandesi migliorano, subendo un solo goal e facendosi ogni tanto vive nell'area avversaria, mentre il terzo tempo si chiude a reti inviolate, in un sostanziale equilibrio delle forze. Peccato solo per la scenata che Katie King, capo cannoniera della partita, a pochi secondi dalla fine di un'incontro in cui la vittoria è sempre stata nelle mani delle statunitensi, dispensa al pubblico, tanto da dover essere separata da una giocatrice finlandese da arbitro e guardalinee.
Devo dire che, da perfetto profano, l'hockey non è male. Probabilmente placa gli istinti sadici degli spettatori, che non aspettano altro di vedere una carica, di sentire il cozzare dei caschi contro le vetrte protettive, di rabbrividire compiaciuti alla vista di una caduta multipla...
Man mano che la partita si volge sotto i miei occhi, mi rendo conto di non essere né a Torino, né tanto meno in Italia. La struttura nuova e scintillante, lo sport assolutamente inconsueto, gli spettatori internazionali, le cheer leaders, lo schermo che guida il tifo rigorosamente in inglese, e lo speaker bilingue creano la sensazione di essere altrove.
All'uscita è buio, e la fiamma olimpica arde in tutto il suo splendore.
4 Commenti:
Giù-le-mani-da-Wolvie!
Guarda, proprio perché mi sento buono, ti lascio Mystique, che può assumere qualsiasi sembianza ;-P
per queestioni puramente fisihe mi sento vicino ad Hank Mc Coy
john
Non mi interessa. ;-P Però magari il ragazzo è ecelettico ^_^
John, non sei abbastanza felino.
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