Parigi fa schifo
(sottotitolo: Pera ha ragione)
Tutti mi avevano detto che Parigi è bellissima: con queste premesse, immagino che chiunque avrebbe avuto un minimo di aspettative.
Bene, il primo impatto è stato un tassista asiatico irritantemente gentile, che ci ha portato a Montmartre. Dovete sapere che Montmartre è quello che si dice 'un quartiere multietnico' (io direi un quartiere invaso da subumani del terzomondo). L'hotel, gestito da coreani stranamente non equivoci, è circondato da negozi, locali, ristoranti di tutte le etnie sulla faccia della terra.
Orrore.
Trascinato dalle insopportabili compagne di viaggio, mi costringo a prendere un kebab oltraggiosamente a buon mercato e sostanzioso, al kebabbaro all'angolo. Capite, a questo punto le mie aspettative su Parigi avevano iniziato a subire un duro colpo... l'unica cosa che mi consolava era il tempo, un piacevole diluvio universale.
Ma, il peggio del peggio succede il pomeriggio quando, arrivate le altre compagne di viaggio, dopo una visita al Musé D'Orsay (raggiunto prendendo la metropolitana... tutti questi personaggi chiaramente di razza non caucasica, per non parlare delle coppie miste... e poi, questo impressionismo... l'ho sempre trovato troppo... eversivo) passeggiando nel pieno centro di Parigi, appena oltre l'obbrobrio post-moderno del Beaubourg, capitiamo nel quartiere gay! Ma insomma! Tutti questi uomini... che abbracciano altri uomini... (s)vestiti in maniera improponibile... locali che vomitano sulle strade questi pervertiti, che si comportano come se non ci fosse niente di sbagliato nella loro peccaminosa esistenza...
A questo punto, distrutta l'immagine del presunto splendore di Parigi, comincio anche a capire di aver sbagliato compagnia, visto che le amiche, invece di scappare via inorridite e portarmi alla salvezza, decidono di trovare un posto nello squallido quartiere per un aperitivo prima (un kyr... disgustoso) e la cena poi. Non so come sia riuscito a sopravvivere.
The day after, una rivoltantemente abbondante colazione nello stucchevole bar dove lavorava Amelie, protagonista di uno dei peggiori film mai girati. Indi, un giretto per l'osceno quartiere di Montmartre, invaso da insostenibili negozi di souvenir, verso il Sacro Cuore, giù per la gradinata e poi verso l'Ile De La Cité in metrò (non prima di aver comprato un antipatico souvenir per questo essere).
Notre Dame fa cagare, così come il quartiere latino, anche questo contaminato da etnie di purezza per lo meno dubbia. Solo il tempo continua a consolarmi, anche se a quanto pare sono l'unico ad apprezzarlo: le amiche decidono di prendere un bateau mouche per vedere meglio l'insopportabile città senza inzupparsi. In una babele di lingue ben poco nobili la barca ci porta alla Tour Eiffel, monumento un po' troppo fallico per essere considerato di buon gusto. La lunga coda fa desistere dall'ascesa, e si opta quindi per una passeggiata sugli Champs Elysées, pacchianissimo viale denso di immorali griffes. Da qui, la scellerata decisione di mangiare in un ristorante greco visto prima nel quartiere latino, il trionfo del kitsch, con il proprietario che spacca piatti fuori per invogliare i turisti ad entrare, l'orchestrina che suona dal vivo, i camerieri che invitano le avventrici a ballare il sirtaki, e una scenografia degna della peggior Las Vegas...
L'ultimo giorno della tremenda permanenza si apre nuovamente con l'orrenda colazione al Café Deux Moulins, per proseguire con una visita al Louvre, grazie alla quale mi lascio per un po' indietro la compagnia, impegnata invece al Beaubourg. Pensavo che la cattedrale della cultura mondiale lenisse un po' le ferite infertemi dalla città, ma l'orrore rinasce di fronte ad un'opera di Michelangelo, la scultura di un giovanetto alle prese con un chiaro orgasmo (per non parlare della foglia di marijuana presente in una sacra raffigurazione). Dopo essermi sorbito sculture italiane, dipinti italiani e francesi, resti babilonesi ed egiziani, le 'fanciulle' mi informano che si stanno scofanando il pranzo al Beaubourg. Sperduto in una città autocompiaciuta nella sua perdizione, con lo stomaco vuoto, approdo a Place Des Vosges, scialba piazzetta insignificante. Da qui, dopo un'interminabile riposo sull'erba, la compagnia riparte per... il quartiere gay di nuovo! Basta, non se ne può più! Stavolta le amiche mi trascinano nel bar peggio frequentato, pieno di uomini di ogni etnia tiratissimi in atteggiamenti equivoci, tutti bellissimi :-}°°° ...ehm. Il supplizio per fortuna finisce, e per la sera si decide di mangiare a Montmartre (tanto, meticciato per meticciato...), in un ristorante giapponese di fronte all'albergo. Ma io dico, un ristorante italiano farebbe così schifo?
Tornato in Italia, lo spirito finalmente mi si rinfranca leggendo le notizie su internet: il Vaticano una volta tanto supera le sue fortissime remore ed ingerisce nelle questioni del laicissimo stato italiano: no ai PACS!
Giusto!
E che diamine!
Tutti mi avevano detto che Parigi è bellissima: con queste premesse, immagino che chiunque avrebbe avuto un minimo di aspettative.
Bene, il primo impatto è stato un tassista asiatico irritantemente gentile, che ci ha portato a Montmartre. Dovete sapere che Montmartre è quello che si dice 'un quartiere multietnico' (io direi un quartiere invaso da subumani del terzomondo). L'hotel, gestito da coreani stranamente non equivoci, è circondato da negozi, locali, ristoranti di tutte le etnie sulla faccia della terra.
Orrore.
Trascinato dalle insopportabili compagne di viaggio, mi costringo a prendere un kebab oltraggiosamente a buon mercato e sostanzioso, al kebabbaro all'angolo. Capite, a questo punto le mie aspettative su Parigi avevano iniziato a subire un duro colpo... l'unica cosa che mi consolava era il tempo, un piacevole diluvio universale.
Ma, il peggio del peggio succede il pomeriggio quando, arrivate le altre compagne di viaggio, dopo una visita al Musé D'Orsay (raggiunto prendendo la metropolitana... tutti questi personaggi chiaramente di razza non caucasica, per non parlare delle coppie miste... e poi, questo impressionismo... l'ho sempre trovato troppo... eversivo) passeggiando nel pieno centro di Parigi, appena oltre l'obbrobrio post-moderno del Beaubourg, capitiamo nel quartiere gay! Ma insomma! Tutti questi uomini... che abbracciano altri uomini... (s)vestiti in maniera improponibile... locali che vomitano sulle strade questi pervertiti, che si comportano come se non ci fosse niente di sbagliato nella loro peccaminosa esistenza...
A questo punto, distrutta l'immagine del presunto splendore di Parigi, comincio anche a capire di aver sbagliato compagnia, visto che le amiche, invece di scappare via inorridite e portarmi alla salvezza, decidono di trovare un posto nello squallido quartiere per un aperitivo prima (un kyr... disgustoso) e la cena poi. Non so come sia riuscito a sopravvivere.
The day after, una rivoltantemente abbondante colazione nello stucchevole bar dove lavorava Amelie, protagonista di uno dei peggiori film mai girati. Indi, un giretto per l'osceno quartiere di Montmartre, invaso da insostenibili negozi di souvenir, verso il Sacro Cuore, giù per la gradinata e poi verso l'Ile De La Cité in metrò (non prima di aver comprato un antipatico souvenir per questo essere).
Notre Dame fa cagare, così come il quartiere latino, anche questo contaminato da etnie di purezza per lo meno dubbia. Solo il tempo continua a consolarmi, anche se a quanto pare sono l'unico ad apprezzarlo: le amiche decidono di prendere un bateau mouche per vedere meglio l'insopportabile città senza inzupparsi. In una babele di lingue ben poco nobili la barca ci porta alla Tour Eiffel, monumento un po' troppo fallico per essere considerato di buon gusto. La lunga coda fa desistere dall'ascesa, e si opta quindi per una passeggiata sugli Champs Elysées, pacchianissimo viale denso di immorali griffes. Da qui, la scellerata decisione di mangiare in un ristorante greco visto prima nel quartiere latino, il trionfo del kitsch, con il proprietario che spacca piatti fuori per invogliare i turisti ad entrare, l'orchestrina che suona dal vivo, i camerieri che invitano le avventrici a ballare il sirtaki, e una scenografia degna della peggior Las Vegas...
L'ultimo giorno della tremenda permanenza si apre nuovamente con l'orrenda colazione al Café Deux Moulins, per proseguire con una visita al Louvre, grazie alla quale mi lascio per un po' indietro la compagnia, impegnata invece al Beaubourg. Pensavo che la cattedrale della cultura mondiale lenisse un po' le ferite infertemi dalla città, ma l'orrore rinasce di fronte ad un'opera di Michelangelo, la scultura di un giovanetto alle prese con un chiaro orgasmo (per non parlare della foglia di marijuana presente in una sacra raffigurazione). Dopo essermi sorbito sculture italiane, dipinti italiani e francesi, resti babilonesi ed egiziani, le 'fanciulle' mi informano che si stanno scofanando il pranzo al Beaubourg. Sperduto in una città autocompiaciuta nella sua perdizione, con lo stomaco vuoto, approdo a Place Des Vosges, scialba piazzetta insignificante. Da qui, dopo un'interminabile riposo sull'erba, la compagnia riparte per... il quartiere gay di nuovo! Basta, non se ne può più! Stavolta le amiche mi trascinano nel bar peggio frequentato, pieno di uomini di ogni etnia tiratissimi in atteggiamenti equivoci, tutti bellissimi :-}°°° ...ehm. Il supplizio per fortuna finisce, e per la sera si decide di mangiare a Montmartre (tanto, meticciato per meticciato...), in un ristorante giapponese di fronte all'albergo. Ma io dico, un ristorante italiano farebbe così schifo?
Tornato in Italia, lo spirito finalmente mi si rinfranca leggendo le notizie su internet: il Vaticano una volta tanto supera le sue fortissime remore ed ingerisce nelle questioni del laicissimo stato italiano: no ai PACS!
Giusto!
E che diamine!
13 Commenti:
Grazie :-*
Portastuzzicadenti a forma di eiffel? :-)
È ufficiale. Vi odio!
Sono estremamente felice dell'avventura parigina e rattristato dal ritorno tuo e delle amichette tutte. Ho letto con disappunto questo post che conferma che non sai scrivere un'emerita cippa. Per il Pacs, stranamente, ti do ragione ma solo perché io punto tutto sul matrimonio.
Inve: dippiù... ti eleverà ad un superiore stato di coscienza...
Sacher: non sapevo che la laurea in geologia desse anche un ingresso omaggio per l'accademia della crusca...
Silvia: mavalà che si è pensato pure a te...
Kiti: :-****
aspetto di vedere coi miei occhi.. poi ti saprò dire.. :-)
;-DDDDD... però c'è un ma: l'ingresso è omaggio, l'uscita no! e purtroppo quando sei dentro rischi di essere macinato. È uno spentume questa battuta, lo so da me... ma la mattina riesco a produrre solo queste nefandezze ^___^
Mi inchino, CAPOLAVORO! john
Gil, certo che avete pensato a me. Sfottendomi, lo so 8-(((
Cos'è, la giornata dell'autostima? ;-PPP
Si è sfottuta un po' tutta la blogsfera, è chiaro ;-PPP ma si è pensato a te anche in termini 'materiali'.
Gil, non ti conosco ancora bene per capire se il tuo resoconto è tutto in senso ironico o solo a meta. Comunque ben tornato, è un piacere leggerti. Giuseppeg
uffa a me Parigi è piaciuta un sacco!il Louvre soprattutto! -gioconda a parte che è una delusione-
Vedo che ve la siete spassata alla grande. Ma come!! Vii siete persi la torre? E la vista di Parigi da lassù
Be', una bella gita.
Perche' non vieni a farti un bel giro in Egitto, a Port Said, che poi ne riparliamo?
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